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Il Mercante di Venezia

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“Il mercante di Venezia” è una commedia di Shakespeare a tinte fosche ambientata a metà tra una Venezia cupa e violenta e un luogo, Belmonte, che potremmo definire come lo stereotipo di un mondo cortese e fiabesco; due paesaggi molto diversi attraverso cui un eventuale pubblico avrebbe avuto la sensazione di viaggiare non solo nello spazio, ma anche nel tempo.

Ogni volta che si mette in scena un testo di Shakespeare ci si trova subito di fronte ad una domanda: quale storia raccontare tra tutte quelle contenute nella sua opera? Nel mercante di Venezia poi questo dilemma è ancora più importante, si racconterà cioè la storia di Antonio, il buono e caritatevole mercante italiano, o quella di Shylock, l’ebreo emarginato che subisce gli sputi dei cristiani? E perché non ancora quella di Bassanio, il nobile giovane innamorato della ricchezza che non possiede? E’ questione di punti di vista, o meglio ancora, di capire quale punto di vista adottare. Alla fine ho pensato che forse Shakespeare è stato così dettagliato nel descrivere gli intrecci tra personaggi tanto diversi, perché non voleva dare un punto di vista personale, preferiva probabilmente che il pubblico scegliesse da che parte stare. E così abbiamo cercato di mettere in scena una storia credibile che affrontasse i temi del testo ma senza darne una risposta, anzi ponendo al pubblico tutte le domande che a noi si ponevano nell’interpretazione: Shylock è buono o cattivo? Antonio è o no un uomo caritatevole? Chi è il mercante qui e chi l’ebreo?

Venezia è, nell’adattamento portato in scena dalla compagnia MaMiMò, lo specchio di una società che preferisce la via del ghetto a quella dell’integrazione, che prevede pene diverse per gli stranieri, e che guarda alla tutela dei rapporti commerciali e alla credibilità del proprio sistema economico come all’unico criterio equo per amministrare la giustizia.

“…ma le navi non sono che tavole, e gli equipaggi non sono che uomini…” sembra profetizzare Shylock in riferimento alla ricchezza di Antonio, che come un moderno investitore occidentale, tra incertezza economica e crolli di borsa, basa la propria ricchezza su speculazioni aleatorie e guadagni puramente ipotetici. Di fatto Antonio e la sua cerchia di amici-mercanti appaiono moderni yuppies alla ricerca della scalata vincente, pronti a rischiare alla lotteria di Porzia pur di guadagnarsi il proprio posto al sole.