
Prosa
CORIOLANO
di William Shakespeare
adattamento e regia Marco Plini
con Marco Maccieri
e con Luca Cattani, Giusto Cucchiarini, Cecilia Di Donato, Marco Merzi, Valeria Perdonò
aiuto regia Thea Dellavalle e Angela Ruozzi
disegno luci Fabio Bozzetta
video editing e live shooting Samuele Huynh Hong Son
costumi Nuvia Valestri
i costumi dei senatori romani sono abiti Luigi Bianchi Sartoria, Mantova
produzione Centro Teatrale MaMiMò
con il sostegno della Fondazione I Teatri
Ph. Nicolò Degl’Incerti Tocci
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L’ultima tragedia di Shakespeare, datata 1607, è sicuramente l’opera più politica e una delle meno rappresentate di William Shakespeare, nel 1957, esattamente 60 anni fa, Giorgio Strehler ne fece una mastodontica messinscena al Piccolo Teatro; una perfetta macchina metaforica sul potere, tra i temi più cari al drammaturgo inglese.
L’adattamento del testo per questa produzione mira a evidenziare questa tematica e a sottolineare il legame con il presente. La tragica vicenda personale del generale Caio Marzio, detto Coriolano da Corioli, città dei Volsci dai lui espugnata, è infatti indissolubilmente legata al destino di Roma, una città in espansione in cui le istituzioni democratiche sono ancora fragili e nuove forze popolari si affacciano sulla scena politica.
Coriolano, allevato e cresciuto in una gens romana, secondo i valori tradizionali nella guerra e per la guerra, è campione assoluto in battaglia, le sue imprese vittoriose contro i Volsci, una volta rientrato a Roma, lo rendono il candidato ideale per la carica di console. Coriolano però è un conservatore, disprezza il popolo che accusa di codardia ed è apertamente ostile ai tribuni i nuovi magistrati eletti in rappresentanza delle istanze popolari. L’intransigenza di Coriolano, il suo senso di assoluto, entra in conflitto con le esigenze di mediazione della politica, i tribuni riescono a capovolgere l’esito dell’elezione e a esiliare Coriolano, condannandolo come nemico del popolo. Coriolano, tradito da Roma, tradirà a sua volta alleandosi con il suo nemico Tullo Aufidio, il capo dei Volsci e marciando contro Roma per cingerla d’assedio e punirla della sua irriconoscenza. Soltanto l’ambasceria guidata dalla madre Volumnia convincerà il guerriero a firmare la pace e salvare Roma dalla distruzione. Tornato dai Volsci troverà la morte verrà ucciso per l’invidia di Aufidio e perchè riconosciuto traditore dell’alleanza.
La vicenda narrata in Coriolano crea un attrito con l’oggi perché racconta di una forma politica in divenire. La Roma repubblicana in cui il popolo smette di essere massa passiva, l’argilla della storia plasmata dai re, e chiede di avere voce e parte attiva nelle decisioni dello stato che lo riguardano, mette in luce le contraddizioni e i conflitti di una democrazia dei primordi, sollevando interrogativi che restano fondamentali per chi vuole provare a “pensare la politica”. Il testo presenta in apertura una città che sembra sull’orlo di una guerra civile, l’espansione militare all’esterno ha creato pericolosi conflitti interni. Nell’insanabile opposizione tra Coriolano e il popolo si riflette una lotta di classe che si gioca non sul piano economico ma su quello dei valori. In una dialettica continua, che non trova soluzione ma che chiede allo spettatore di prendere posizione, i punti di vista si alternano attorno a tre poli principali: Coriolano, il popolo e i politici (più o meno conservatori, più o meno progressisti).
Coriolano è nemico del popolo, vorrebbe eliminare i suoi rappresentanti, propone un modello autoritario e oligarchico. Vero.
Coriolano è un eroe, con la sua bravura in battaglia ha salvato Roma. Vero.
Coriolano è sempre coerente con i suoi valori. Vero
Ne condividiamo i valori? Ne apprezziamo la coerenza? Possiamo apprezzarne la coerenza anche se disprezziamo i suoi valori?
Il popolo è una massa manipolabile e non è disposto a sacrificarsi per lo stato. Vero. Il popolo non ha ricevuto istruzione, ha bisogno di una guida, è mosso da necessità concrete. Vero. Il popolo lotta per un diritto. Vero.
Riconosciamo i diritti del popolo? Riconosciamo i suoi bisogni? Condividiamo la sua incoerenza? Possiamo riconoscerne i diritti anche se ne condanniamo l’incoerenza?
Tra queste due posizioni, ben più consapevoli delle regole del gioco, si muovono i politici. I politici mediano, per interesse e ragion di stato. Vero. I politici mentono, i politici applicano la manipolazione. Vero. Condanniamo la manipolazione? Desideriamo uno stato saldo? Siamo disposti a rinunciare a uno stato saldo perché condanniamo la manipolazione?
La giustapposizione di questi temi nel testo apre a questioni più generali e sempre attuali: qual è il limite tra linguaggio politico e propaganda? Tra giustizia e opportunità?
Coriolano è come una palestra civile, ci allena, ci costringe ad assumere un atteggiamento vigile e critico proprio perché interroga le nostre contraddizioni, ci chiede in continuazione “da che parte state?” ma chiede anche inevitabilmente una riflessione, un ragionamento, soprattutto una presa di coscienza.