Prosa

Sogno di una Notte di Mezza Estate

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Elena ed Ermia sono due giovani amiche. Ermia ama Lisandro e ne è ricambiata. Elena ama Demetrio ma Demetrio vuole Ermia per sé, e convince il padre di lei a promettergliela in sposa. In virtù di un’antica legge, Ermia dovrà sottomettersi alla volontà del padre o scegliere tra il convento o la morte. Lisandro organizza la fuga con l’amata ma la notte li sorprende nel bosco dove i due innamorati si perdono inseguiti da Demetrio e da Elena. Fate, elfi e divinità delle selve si materializzano dandosi la caccia e imprigionando i quattro giovani in una notte di passioni sfrenate, in cui gli incantesimi più strani confondono i sensi e le menti. Intanto un gruppo di malcapitati artigiani deve improvvisare una commedia da rappresentare alle nozze del Duca… La spettacolarità bizzarra delle creature magiche e la comicità delle situazioni paradossali create dagli intrecci degli ‘innamorati’ e dalla goffaggine degli ‘artigiani’, sono gli ingredienti che hanno fatto del Sogno la più famosa e rappresentata delle commedie di Shakespeare. Ma dietro la superficie giocosa della fiaba scorre una vena di inquietudine, affiorano emozioni profonde: appartengono a quella sfera irrazionale di cui ogni essere umano fa esperienza quando si addentra nei territori magici dell’eros. …perchè l’amore non vede con gli occhi ma con la fantasia, per questo viene dipinto con benda e con ali… E in Shakespeare l’amore è sempre folgorazione improvvisa e totale: gli amanti vedono solo se stessi, tutta la realtà intorno a loro scompare, diventano ciechi o meglio vedono solo il frutto della loro immaginazione. La fiaba diventa cosi lo scenario onirico in cui rincorrere o fuggire, giurare fedeltà eterna e dopo un istante tradire, spasimare per un mostro dalla testa d’asino, sperimentare le fantasie più oscure, i desideri inconfessabili, ma nell’ebbrezza si insinua un’angoscia sottile e il sogno diventa incubo: tutto si accelera, si confonde e si deforma fino a rasentare la follia, finchè la notte finalmente si dileguerà e il risveglio rimetterà le cose a posto, ponendo fine alle tribolazioni. Sarà per tutti una liberazione, o un fatale ritorno alle costrizioni di una realtà castrante e punitiva da cui ci si è concessi una notte di fuga? Non credo sia compito di una regia efficace far emergere un senso univoco, né tantomeno una morale dalle storie del Sogno; né mi sentirei appagato nell’utilizzarlo come un pretesto puramente spettacolare o estetico. La scelta di riproporlo ancora una volta, oggi, è motivata da ragioni che hanno a che vedere in senso più ampio con la necessità di fare teatro in modo vivo, strettamente legato ad un’epoca e ad un territorio culturale di appartenenza. Il Sogno è il materiale ideale per accendere e accogliere immaginari disparati, per offrire al pubblico specchi diversi in cui riconoscersi e confrontarsi, per incrociare linguaggi espressivi opposti: dalla reinvezione dell’antica maschera popolare dialettale, alle fisiche astrazioni del teatro-danza contemporaneo. Il Sogno è l’occasione per radunare un nutrito gruppo di talenti reggiani, tra i migliori emersi nel panorama teatrale degli ultimi anni, e dare vita ad un momento di teatro che rifugga da ogni intellettualismo, e sia davvero ‘popolare’ nel senso più ‘colto’ del termine. Uno spettacolo pensato per condividere col pubblico un paio d’ore di evasione nei misteriosi territori dell’amore, che come dice Shakespeare, è ‘impalpabile come l’ombra, rapido come un lampo, breve come un sogno’.

Massimo Navone