
sabato 1 aprile ore 21.00, domenica 2 aprile ore 17.00
Riccardo III. Invito a Corte
da William Shakespeare | drammaturgia e regia Laura Angiulli | con Giovanni Battaglia Alessandra D’Elia Stefano Jotti | scena Rosario Squillace | luci Cesare Accetta | assistente alla regia Martina Gallo | responsabile tecnico Lucio Sabatino | produzione Teatro Galleria Toledo
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La storia feudale è una grande scala sulla quale sfila ininterrottamente il corteo regale. Ogni scalino, ogni passo verso l’alto è contrassegnato dal delitto, dall’inganno, dal tradimento. Ogni gradino, ogni passo verso l’alto avvicina al trono o lo consolida… Jan Kott.
Riccardo, quasi giullare di sé stesso.
In continuo gioco con la deformità che ne irrigidisce gli atti (ma è deformità fisica, o non piuttosto specchio di una profonda distorsione interiore?), Riccardo fa suoi quegli schemi rappresentativi propri della violenza e dell’inclinazione al delitto, manifestando propositi di vendetta contro la vita, contro la natura che l’ha forgiato «privo di ogni bella proporzione». Eliminerà il fratello Clarence; attenderà con torva speranza la morte di Re Edoardo, altro fratello; sposerà Anna, moglie e nuora di prìncipi antagonisti già assassinati per sua mano, al fine di mandare in porto progetti inconfessabili.
È evidente che il concepimento dell’idea di potere, in questo caso asservita all’azione sanguinosa, trova in Riccardo un insediamento che esclude l’etica, e ne affida il criminoso percorso di compimento all’orrore del gesto: il valore della vita si svuota di senso; il gioco al massacro elude riflessioni sull’atto in sé. Anche il codardo grido che accompagna la sconfitta e la morte – «Un cavallo, un cavallo, il mio regno per un cavallo..!» – accentua tutta la vanità di un successo effimero, e rende privo di sostanza l’intero costrutto delle scellerate azioni assecondate di delitto in delitto.
In Buckingham, invece, la passiva accettazione di brutalità e astuzia – poste in essere da Riccardo nel percorso di acquisizione del trono – sembrerebbe subordinata alla necessità del caso volto al raggiungimento di auspicati fini politici, e forse ispirata a speculazioni intorno al concetto di tenuta del potere espresse da coeve dottrine politiche, segnatamente quelle che prendono forma nel De principatibus di Niccolò Machiavelli; nell’evolversi della vicenda si rende esplicito il riferimento a un’idea di tenuta dello Stato sostanzialmente laica, spregiudicata, scevra da riguardi per l’etica convenzionale e per quanto ad essa si connette. In questa ottica il delitto – là dove lo statista Buckingham accetta di assecondarlo per il raggiungimento di fini ultimi- non si configurerebbe come esercizio di disinvolta macelleria, ma scelta funzionale al bene comune: nell’economia di tale premessa, l’eventuale governo di Riccardo – maturo negli anni e nelle esperienze – si interpreterebbe come ritenuto necessario alla stabilità di governo, a fronte della fragilità che lascerebbe presumere l’insediamento del giovanissimo Edward. Si noti che quando Riccardo sarà ormai stabilmente insediato in trono, Buckingham decisamente osteggerà ogni ulteriore spargimento di sangue.
Infine, le donne. Si fanno vittime di una storia che concretizza nell’assassinio il suo farsi, né sanno sottrarsi al fascino della corona cui rivolgono insensati auspici, mettendo in gioco sé stesse e il proprio destino
Fra tutte spicca Margherita, figura possente, depositaria maestosa dell’idea di regalità; piagata, lacerata, mai asservita brandisce come un’arma la furia dolorosa che la agita, eppure tra le invettive (singolare saggio di complicità fra donne) sa trovare parole di perdono e comprensione per le sue nemiche, alle quali si sente unita dal comune strazio per la maternità umiliata.
Laura Angiulli
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