Patria è la storia italiana degli anni di piombo vista attraverso gli occhi di un un “idiota Dostoevskiano” che tutti considerano lo scemo del villaggio. Lui, da quando ha battuto la testa da piccolo, forse per colpa del fratello, viene chiamato Abele; cerca spasmodicamente tracce del fratello Caino scomparso in un attentato ferroviario (la strage dell’Italicus).
Il fratello non dà notizie di sé.
Forse è sopravvissuto.
Forse è addirittura un terrorista.
Forse un mafioso.
Forse è implicato talmente a fondo nelle efferate vicende raccontate da dover scomparire per forza.
O forse è semplicemente morto come tanti in una dei mille misteri rimasti senza risposta di quegli anni incredibili.
La vita di questo piccolo microcosmo, di questo piccolo paese che si chiama Patria e che rappresenta nelle sue dinamiche l’intera Italia, scorre inesorabilmente verso una fine lenta e pietosa, indifferente ad i suoi figli che vanno e vengono, nascono sempre meno e muoiono sempre di più.
Come dice il testo, una vita che può essere contenuta all’interno di una sola esplosione, di una bolla.




